TG2 E DINTORNI IL BILANCIO SENZA RISERVE DI CLEMENTE MIMUN
«Gad? Io ho gia fatto sette anni…»
La sua permanenza alla testa di un tg Rai è da record. Meriti? «Informare senza annoiare». Il futuro? «Farò altro, ma non sono tra quelli che puntano a Tmc».
Intervista di CESARE LANZA su “Panorama”
Clemente J. Mimun comincia il settimo anno alla guida del suo Tg2: un traguardo inimmaginabile. Soddisfazione per il record, da Guinness dei primati?
«I record non mi interessano, i bilanci sì. Credo di aver fatto un buon lavoro: ho innovato molto, ho rischiato spesso, credo di avere raggiunto risultati eccellenti».
Però ne parla al passato. È già cominciata la crisi del settimo anno?
Nessun mal di pancia. Ancora mi appassiono alle undici di sera a correggere il sommario della notte o allÔalba per il tg delle sette. E se prendiamo un buco, o vedo uno strafalcione, divento una belva.
Cosa significa dirigere un telegiornale?
È una grandissima responsabilità. In tivù il gioco è duro, ci vogliono intelligenza, sensibilità e tanta grinta.
E magari gli inviti del Palazzo o dei salotti.
L’esperienza mi insegna che è meglio frequentare il giornale.
Si dice che in Rai a volte non bastano i risultati.
Io sono, invece, la prova che i risultati contano. In sei anni il Tg2 è passato dalla marginalità a un ruolo di centralità nell’informazione televisiva. E nessuno ci ha regalato nulla.
E l’etichetta politica?
Non ci siamo mai piegati a nessuna omologazione, abbiamo rappresentato in piena libertà tutte le posizioni, non solo quelle di maggioranza e governo. Non sono tra quelli che pensano che l’Italia è un Paese normale solo se a governarla è la sinistra.
E qui rispunta la politica.
No, la professione. Noi abbiamo il vizietto di fare un tg corretto e imparziale. Informare senza annoiare.
Mentre lei «resisteva» al «Tg2» , «Tg1» e «Tg3» hanno cambiato una dozzina di direttori.
Lasciamo stare la resistenza, per argomenti più seri. Troppo spesso la politica scarica nervosismo sulla Rai. Si sono bruciati eccellenti professionisti, se ne sono mandati allo sbaraglio altri. Per fortuna Tg1 e Tg3 restano molto solidi.
E del fenomeno del momento, Gad Lerner, che cosa pensa? Ha detto che fa il telegiornale più libero.
Lerner è un professionista che conosce anche il valore della propaganda. Sì, si è presentato come «il più libero dei liberi» e «contro l’informazione-varietà» e per «l’informazione-verità». Slogan efficaci. Vedremo nel concreto.
Sbaglio o sembra freddino?
Guardi, io e Gad giochiamo nella stessa squadra aziendale. Il suo avversario è Mentana, non io. La lotta è tra loro. Il Tg2 è una nave corsara, che attraversa altre rotte.
Dunque si chiama fuori dalla lotta per lo scudetto?
Noi siamo oggettivamente out per i ruoli assegnati alle diverse reti. Se il Tg2 fosse trasmesso su una rete che punta alla leadership ce la vedremmo col Tg5 e ce la giocheremmo alla grande. Ma il compito di vincere, i programmi e i mezzi per farlo, ce li ha Raiuno, non Raidue.
Lerner, comunque, ha dato una svolta stilistica al tg, personalizzandolo in varie forme. Che ne pensa?
È un po’ come il calcio d’estate. Gad è dinamico, utilizza la stagione favorevole per gli esperimenti. Poi comincia il campionato e, finita la pretattica, vedremo quale strada sceglierà.
I giornali hanno pubblicato, in modo vistoso, indiscrezioni sul supercompenso di Lerner, un miliardo.
Premesso che c’è stata una smentita ufficiale, penso che facciamo un lavoro usurante e che tutti, e dico tutti, i bravi direttori dei telegiornali debbano essere pagati secondo mercato, per esempio non meno dei colleghi della carta stampata.
Tra Lerner e Mentana su chi scommetterebbe?
Col Tg1 è Lerner il primo a dover dimostrare quel che sa fare, non Enrico. Io non credo che il solo fatto che ci sia un tg denominato «uno», lo renda migliore o invincibile. Anzi ho la convinzione che i più innovativi e coraggiosi dal ’95 in poi siamo noi. E al di là dei duelli continueremo a essere protagonisti.
Al di là dei duelli, parlando di Lerner, Mentana e Mimun si allude anche a una lobby ebraica.
Sciocchezze. Mentana e Lerner hanno in comune solo il tifo per l’Inter. Io ed Enrico un’amicizia ventennale.
In questi anni chi pensa di aver valorizzato?
Non ho puntato a costruire star, ma ad affermare il nostro marchio. Non siamo schiavi di nessun volto.
Come dire che le Gruber e gli Sposini non servono?
Neanche per sogno. Sono bravissimi, ma ai nostri conduttori non manca nulla.
E cosa pensa di una Rai privatizzata?
Non ho paura del mercato. Però credo che la Rai sia un bene collettivo, con compiti che nessun privato potrebbe accollarsi. Per queste responsabilità, va salvaguardata.
In conclusione, come vede il suo futuro?
Dieta robusta, un bis dello scudetto per la mia Lazio abbinato alla Coppa dei campioni, i miei figli promossi a scuola…
Scherzi a parte.
Scherzi? Sono cose fondamentali. Quanto al tg, sarà dura: elezioni presidenziali americane, elezioni italiane… Divertente vedere le cose da vicino.
Farebbe il giornalista della carta stampata?
Lo faccio già, collaboro a Carlino, Nazione e Giorno.
E se potesse fare il direttore, chi riunirebbe in un supergiornale ideale?
A patto di convincerli, si può sognare a occhi aperti un giornale con Giuliano Ferrara ineguagliabile per la nota politica interna, Barbara Spinelli per la politica internazionale, un paio di inviati come Filippo Ceccarelli e Augusto Minzolini, per il costume il top è Pietro Calabrese, per l’economia magari potessi avere Ferruccio de Bortoli ed Ernesto Auci, poi un grande cronista come Piero Vigorelli e per lo sport Giorgio Tosatti e Oliviero Beha.
E i grandi vecchi?
Chiunque vorrebbe Montanelli e Biagi. Ma sono monumenti: non oso pensare di potere tirarli giù, per farli venire a lavorare con me. Comunque sarebbe un giornale troppo costoso, visto che abbiamo parlato di superstipendi. Nessuno potrebbe permetterselo!
Torniamo al futuro televisivo.
Escludo un altro settennato. Al Tg2 si è formata una classe dirigente di qualità. E io farò altro.
In Rai, Mediaset o Tmc?
A me piace la televisione, credo che la generalista abbia ancora molto da dire. Fantasia e voglia di lavorare non mi mancano. In Rai e Mediaset ho lavorato bene e volentieri. Sento un sacco di gente che si candida per Tmc: io non faccio parte della compagnia.
C’è chi pensa che una vittoria di Berlusconi corrisponderebbe a una sua crescita.
Sbaglia indirizzo. Non sono uno che sta col naso all’insù per capire dove tira il vento e trarne vantaggio. Il mio destino professionale è legato a quello che so fare. A 17 anni ero un fattorino senza contratto e studiavo, sognando di fare il giornalista. Più che ambizioni, ho sicurezze.
Tipo…
So di poter contare su di me.