Nel 2000 cambia tutto (e magari cambio anch’io)
SCENARI TV PARLA MAURIZIO COSTANZO
Nel 2000 cambia tutto (e magari cambio anch’io) Gli ottimi risultati di Canale 5,
le serate vinte, il clima sereno in azienda. Confessioni di un uomo soddisfatto. Ma con una tentazione.
di Cesare Lanza – Panorama
È in buona forma. Magro, e ormai questo si sa e si vede da tempo, rilassato, sorridente dietro una scrivania di un ufficio Mediaset, nel quartiere Prati, a Roma. «Dopo un inverno oggettivamente complicato, per vari motivi» dice Maurizio Costanzo, direttore di Canale 5 «abbiamo vissuto una primavera piacevole e un’estate ancora più confortante».
Il pensiero ? c’è bisogno di dirlo? ? corre immediatamente ai dati di ascolto, croce e delizia di chiunque faccia televisione: figuriamoci i protagonisti. «Se è vero che la Rai ha avuto una grande fiction» spiega «noi nell’intrattenimento abbiamo messo a segno ottimi colpi. Diciamo Paolo Bonolis, con Ciao Darwin. E poi Peter Pan. E ancora La sai l’ultima? Ed Enrico Papi con Beato tra le donne, che è arrivato al 28 per cento. E Mike Bongiorno in prima serata con Momenti di gloria, al 24 per cento».
Si sta forse togliendo qualche sassolino dalla scarpa, dopo tante critiche e maliziose osservazioni, durante la prima parte della sua direzione a Canale 5? Come sempre, Costanzo adora il low profile: anche nelle interviste. Non è rabbiosa, la risposta, ma mirata. «Ogni frutto ha bisogno del giusto tempo, per maturare. All’inizio abbiamo provato qualche innovazione, ma la rete non reagiva. Abbiamo insistito a testa bassa, direi con un bel lavoro di gruppo, professionale, studiando i particolari». Sorride, lisciandosi il mitico baffetto, come milioni di telespettatori lo vedono fare, ogni sera. «Il Costanzo show» sottolinea senza enfasi, come se parlasse di un altro «ha abitualmente superato, nell’audience, Gad Lerner e Bruno Vespa. Alla domenica, nelle prime quattro ore abbiamo prevalso su Domenica in. E abbiamo lanciato un ottimo preserale, come Passaparola. Poi ci sono le chicche». Citiamole. «Quando leggo che Aldo Grasso benedice la nuova rubrica di Vittorio Sgarbi al mattino, lo considero un mio vanto. Così come sono orgoglioso di aver dato a Vittorio Gassman la possibilità di fare quattro ottime seconde serate».
Durante la stagione, si è parlato di frizioni e incomprensioni all’interno dell’azienda.
Normale amministrazione. Ci sono punti di riferimento stabili: un nome per tutti, lavoro bene con Fedele Confalonieri, che conosco da 17 anni.
L’ultima svolta televisiva è il successo della fiction. Tra le mille cose, lei è stato sceneggiatore di un film straordinario come «Una giornata particolare». Ha mai pensato di puntare tutte le carte in questa direzione?
Adesso mi occupo di Canale 5 e seguo la fiction di Canale 5. Il bello di questo mestiere è anche quello di poter cambiare.
Ci sono orizzonti nuovi?
Diciamo che molti mi ricordano anche per i film che ho scritto. Proprio come accennava lei, prima.
E la sirena Rai?
Non ho mai nascosto che mi piacerebbe tornare dove ho cominciato. Se e quando deciderò di cambiare.
Quando?
Nel nuovo millennio.
Torniamo alle sfide con la Rai. Che cosa e chi invidia a viale Mazzini?
Fabio Fazio. Stava per venire da me, con il suo gruppo. Poi è stato bloccato, peccato. E invidio anche le possibilità che hanno, superiori alle nostre, di sperimentare.
Come sono i rapporti con i vertici della Rai?
Ottimo con Pierluigi Celli, che conosco da tempo. Ho incontrato piacevolmente Roberto Zaccaria, dopo la sua nomina. Poi ci sono amici, e professionisti che stimo, come Agostino Saccà e Carlo Freccero, direttori di Raiuno e Raidue. Non conosco i dirigenti di Raitre.
E se la Rai sferrasse un attacco, chi soprattutto le dispiacerebbe perdere?
Bonolis, la vera novità televisiva. Ma sono pronto a difenderlo fisicamente. E poi…
Poi?
Beh, anche il mio gruppo della domenica mi ha dato grosse soddisfazioni. Come sempre in tv, per ragioni precise.
Quali?
Claudio Lippi è la continuità. Paola Barale, il sogno proibito dell’italiano televisivo medio. Massimo Lopez è il fantasista. Luca Laurenti il nostro Forrest Gump.
Senta, dopo tanto miele, dica qualcosa sulle ricorrenti frecciate che le rivolge Pippo Baudo.
Ma per carità. Non faccio polemiche con lui. Lo rispetto: so quello che ha rappresentato e che tuttora significa, per la tv.
C’è un classico di «Panorama», nelle interviste ai giornalisti. Le chiediamo di indicare una possibile Nazionale dei direttori.
Proviamo. Pietro Calabrese, Ferruccio De Bortoli, Ezio Mauro, Giulio Anselmi, Sandra Bonsanti (non va di moda il calcio femminile?), Enrico Mentana, Clemente Mimun, Emilio Fede, Giulio Borrelli, Michele Santoro e Bruno Vespa. Con questa squadra mi batterei per vincere un campionato europeo.
E ora la squadra dei leader televisivi, gli showmen.
Fazio, Bonolis, Gerry Scotti, Maria De Filippi, Piero Angela, i miei quattro della domenica, Marco Columbro e Mara Venier.
Cosa resta fuori, nella sua vita, da tanto lavoro, da tanta televisione?
Ho un bel rapporto con i miei figli, ma penso spesso che non sono riuscito a vivere la paternità, come mi sarebbe piaciuto. Per colpa mia.
Tristezze?
Ho un difficile rapporto, peraltro come tanti, con la felicità. Secondo Flaiano, la felicità consiste nel desiderare quello che si ha. Diciamo che persistono margini rilevanti di infelicità. Interrotti da qualche lieta novità.
Quali?
Beh, per esempio, Maria De Filippi oltre a farmi recuperare la linea mi ha insegnato a vivere in vacanza, ad apprezzare il relax. Quest’anno per la prima volta staccherò dal lavoro assolutamente, qualche giorno, ad Ansedonia.
C’è una qualità che si riconosce?
Mah. Forse la capacità di lavoro e di organizzare il mio tempo.
E il difetto principale?
L’incostanza.
Il massimo, per uno che si chiama Costanzo. E non è persuasivo, visto che conduce lo stesso show da qualche lustro.
Forse è uno stato d’animo più complicato. Vorrei dire la facilità di annoiarmi.
E che cos’è, la sua famosa, citatissima «centralità»?
Una sciocchezza, un modo di dire. Al centro sono le persone che stimo.
Come D’Alema, Berlusconi? Governo e opposizione?
Io credo che, al fondo, ci siano sempre i rapporti con gli uomini, con le persone. Di D’Alema sono amico da dieci anni, da quando si autodefiniva «un deputato di Gallipoli». Ora è primo ministro e fa bene. Colgo l’occasione per ribadire, se posso…
Ribadisca.
Che non sono consulente di Palazzo Chigi. Certo, quando ci incontriamo, il presidente e io non parliamo di informatica, di cui non ci intendiamo. Più verosimilmente parliamo di comunicazione.
E Berlusconi?
Ho affetto e gratitudine. Il Cavaliere mi ha consentito di lavorare sempre in assoluta libertà. È la condizione ideale e nel nostro mondo non è frequente.
Senta Costanzo, ma che cos’è la tv, in definitiva?
È più facile dire che cosa non è. Non è memorabile. Più o meno come una persona che ti vive a fianco e parla ininterrottamente. È un’abitudine, la televisione. Una convivente